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ALCOL - Nessuno è perfetto:Malattie e Disturbi Mentali

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Telefono Verde Alcol

Telefono Verde Alcol: 800-632-000

Telefono Verde Alcol è un servizio messo a disposizione di tutti i potenziali utenti dall'OssFAD nell'ambito delle attività di prevenzione e promozione della salute che riguardano l'uso e l'abuso alcolico.Il servizio telefonico si qualifica come strumento di interrogazione sulle molteplici informazioni riguardanti il consumo di alcol e indirizza, tramite i suoi operatori, all'acquisizione di indicazioni generali e specializzate di cui è a conoscenza l'Istituto Superiore di Sanità a livello nazionale ed Europeo.Il servizio è in particolare a disposizione dei giovani e delle loro famiglie e delle istituzioni che si occupano degli interventi di prevenzione e di promozione della salute a livello individuale e collettivo. Qualsiasi segnalazione in merito ai dati italiani potrà essere fatta inviando una e-mail all'indirizzo: osservatorio.fad@iss.it

Istituto Superiore di Sanità: Viale Regina Elena 299, 00161 - Roma Telefono: 800-632-000


ALCOL

INDICE:
Che cos’è l’alcol
L’etanolo
Le bevande alcoliche
Alcol e società
I giovani e l'alcol
La donna e l'alcol
Alcol e Lavoro
Alcoldipendenza e promozione della salute negli ambienti di lavoro.
Alcuni dati epidemiologici
Effetti ed interazioni delle sostanze alcoliche
Effetti dell'alcol sulla guida
Interazione alcol e farmaci
Principali conseguenze sulla salute
Effetti dell’alcol sul sistema nervoso centrale
Effetti cronici dell’alcolismo
La dipendenza da sostanze alcoliche
Dipendenza fisica
Dipendenza psicologica
Cosa fare
Quando ipotizzare la presenza di un problema alcolcorrelato
Il colloquio motivazionale
L’autodiagnosi
Il questionario CAGE
Invio ai servizi di Alcologia
I gruppi di auto aiuto
Conclusioni
glossario
link utili
bibliografia  


Che cos’è l’alcol
L'alcol è una droga
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) classifica l'alcol fra le droghe.
Pur rappresentando una sostanza giuridicamente legale, l’alcol è una sostanza psicotropa che può dare dipendenza, oltre a causare patologie, traumi gravi, incidenti, turbe mentali e del comportamento.
Come tutte le droghe, anche l'alcol ha un potere psicoattivo (è in grado cioè di modificare il funzionamento del cervello). La sua assunzione protratta nel tempo induce assuefazione (per ottenere lo stesso effetto bisogna aumentare la dose).
Può nel tempo instaurarsi un legame specifico che condiziona negativamente lo stile di vita della persona che ne fa uso, mettendone a rischio la salute fisica, psichica, familiare e sociale.
Secondo l'OMS in Europa si ha il più elevato consumo alcolico al mondo. Il consumo per abitante è il doppio rispetto alla media mondiale. L'alcol è il terzo fattore di rischio per i decessi e per le invalidità in Europa, e il principale fattore di rischio per la salute dei giovani. L’incidenza delle malattie riconducibili all’alcol in Europa è doppio rispetto alla media mondiale.

L’etanolo
Quando si parla di alcol contenuto nelle bevande alcoliche ci si riferisce all’etanolo (CH3-CH2-OH), l'alcol per antonomasia. Si tratta di una piccola molecola estremamente solubile sia nell’acqua che nei lipidi, costituita da due atomi di carbonio. Grazie alle sue dimensioni ridotte, rispetto ad altre molecole, penetra facilmente fra i tessuti entrando nel flusso sanguineo piuttosto rapidamente e, attraverso di esso, in tutto l’organismo.
L’etanolo, o alcol etilico, è una sostanza liquida che si forma per fermentazione di alcuni zuccheri semplici
o per distillazione del mosto fermentato. L'alcol etilico è una sostanza non essenziale, estranea all'organismo e al suo normale metabolismo (xenobiotico); è tossica per le cellule ed è un potente agente tumorale.
L'alcol etilico, oltre all'acqua, è il principale componente delle bevande alcoliche. Altri principi nutritivi (vitamine, sali minerali, proteine, zuccheri) sono presenti solo in tracce; per questa ragione le bevande alcoliche non possono essere considerate un alimento. Non è una sostanza nutriente o utile, ma provoca danno diretto alle cellule di molti organi, tra cui il fegato e il Sistema Nervoso Centrale.
Pur possedendo un elevato valore calorico (7 Kcal per grammo, inferiore solo ai grassi), non è utilizzabile dall'organismo per il lavoro muscolare, ma solo per il metabolismo di base, risparmiando l'uso di altri principi nutritivi quali grassi e zuccheri (per questo fa ingrassare).

Le bevande alcoliche
Le bevande alcoliche si distinguono in due categorie: bevande fermentate e bevande distillate.
Le bevande fermentate sono prodotte dalla trasformazione in alcol degli zuccheri contenuti nell’uva, in altri frutti o neo cereali. Solitamente le bevande fermentate non possono avere un grado alcolico superiore a 16°, poiché oltre tale gradazione l’alcol blocca l’azione dei lieviti responsabili del processo di fermentazione. Le principali bevande fermentate sono:

  • il vino, ottenuto dalla fermentazione dell’uva o del succo (mosto) d’uva (gradazione dai 9° ai 15°);

  • la birra, ottenuta dalla fermentazione del mosto di luppolo, malto, orzo mescolato ad altri cereali (gradazione dai 2° ai 7°);

  • il sidro, ottenuto dalla fermentazione del succo di mele o di pere (gradazione dai 4° ai 6,5°).


Le bevande distillate sono ottenute attraverso il processo di distillazione che consiste nel portare ad ebollizione una bevanda alcolica facendone successivamente raffreddare e condensare i vapori (l’alcol evapora ad una temperatura più bassa dell’acqua), in modo da aumentare la concentrazione dell’alcol. Con questo processo di evaporazione si tende a separare l’acqua, che rimane allo stato liquido, dall’alcol, che diventa gassoso. L’alcol viene incanalato in tubi speciali, dove viene raffreddato e quindi si condensa. Si ottiene così un liquido con una percentuale d’alcol molto maggiore rispetto alla bevanda di partenza. Le bevande distillate si distinguono in:
aperitivi e superalcolici, ottenuti dalla distillazione di bevande (ad esempio il brandy dal vino, il calvados dal sidro) o di altri prodotti che hanno comunque già subito un processo di fermentazione (dalle vinacce la grappa, dai cereali il gin, il whisky e la vodka, dalla melassa il rum); hanno un’alta gradazione alcolica dai 40° ai 50°.

Alcol e società
Le conseguenze che derivano dal consumo di alcol hanno ampie ripercussioni sociali sia rispetto al nucleo familiare vicino al consumatore, sia rispetto alla società. I problemi correlati alla famiglia e all’ambiente lavorativo, gli incidenti stradali, la violenza domestica, rappresentano solo alcuni esempi. Questi eventi hanno risvolti di tipo economico, riducono la produttività, richiedono un investimento di risorse da parte di numerose strutture pubbliche, ad esempio il sistema sanitario e quello giudiziario. Questo paragrafo propone alcune riflessioni su alcune tematiche specifiche.

La famiglia e l'alcol
La sofferenza derivante dai problemi legati all'alcol comporta un'alterazione della comunicazione e delle modalità relazionali all'interno della famiglia stessa, nei confronti sia del partner, sia dei figli.
Per i giovani la famiglia rappresenta l’ambiente di socializzazione primaria, l'individuo si forma facendo riferimento alle figure parentali presenti secondo forme di comunicazione che sono determinanti per il processo di crescita. I problemi alcolcorrelati incidono negativamente sulle modalità relazionali e sulla comunicazione, rendendola difficile o interrompendola totalmente.
È molto importante che in famiglia ci sia da parte dei genitori, al di là delle parole, un "esempio educativo" contrario all’uso di alcol e sostanze psicoattive. L'abitudine al consumo di bevande alcoliche da parte dei genitori influenza il comportamento dei figli. Infatti, secondo una rilevazione condotta in Italia su giovani tra 11 - 17 anni la percentuale di chi consuma bevande alcoliche, anche in maniera saltuaria od occasionale, è pari al 26,3%. Percentuale che sale al 32,8% se almeno uno dei genitori fa uso non moderato di bevande alcoliche (Istat, 2007). Tuttavia, è opportuno ricordare che il nesso tra le relazioni famigliari deteriorate e i comportamenti alcolcorrelati non è determinato, piuttosto rappresenta un fattore di rischio.
L’uso di alcol si associa anche a gravi episodi di incidenti domestici e violenze, spesso a danno dei componenti più deboli del nucleo familiare. A livello europeo si stima che tra i 4,7 – 9,1 milioni di bambini vivono in famiglie con problemi alcolcorrelati; il 16% dei minori subisce abusi ed incuria. Da un’indagine condotta su 45 associati agli Alcolisti Anonimi (partner o familiari di alcolisti, il 63% ha dichiarato di aver subito aggressioni verbali o fisiche, il 31% ha riferito seri problemi di tipo economico o che coinvolgevano i figli (WHO, 2004).

I giovani e l'alcol
Il 21 febbraio 2001, durante la conferenza ministeriale europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) su Giovani e Alcol, è stata adottata una Dichiarazione ufficiale con lo scopo di proteggere i bambini e i giovani dal consumo di alcol e di ridurre il danno, causato direttamente o indirettamente dall’alcol.

La Dichiarazione riafferma i cinque principi etici della Carta Europea sull’Alcol e, in linea con il Piano d’Azione Europeo sull’Alcol 2005-2010, afferma la necessità di garantire condizioni favorevoli per i giovani nelle case, nelle istituzione educative, al lavoro e nella comunità in generale, al fine di proteggerli dalle pressioni al consumo alle quali sono sempre più soggetti e per ridurre l’impatto e la gravità dei danni alcolcorrelati.
Infatti, se l’alcol è una sostanza dannosa in generale, lo è ancora di più per i giovani fino all'età indicativa di 20 anni, perché il corpo umano non possiede ancora gli enzimi destinati alla metabolizzazione dell'alcol. Le bevande alcoliche risultano quindi molto più nocive per un giovane rispetto ad un adulto, perchè l'etanolo non può essere scomposto in sostanze più tollerabili.
Secondo il rapporto L’alcol in Europa, il 10% della mortalità delle giovani donne e il 25% della mortalità dei giovani maschi è imputabile all’alcol. Circa il 90% degli studenti di età compresa tra i 15-16 anni ha usato almeno una volta nella vita bevande alcoliche. L’età media di primo inizio è 12 anni e mezzo, la prima ubriacatura avviene attorno ai 14 anni. Rispetto ai danni sociali provocati dall’alcol sui giovani non sono disponibili numerose informazioni, ma il 6% degli studenti di 15 – 16 anni dichiara di essere stato coinvolto in risse, il 4% riporta episodi di rapporti sessuali non protetti a causa del consumo di alcol.
In Italia la diffusione del consumo di alcol tra i giovani di età compresa tra i 14­17 anni mostra incrementi significativi, passando dal 12,6% del 1998 al 20,5% del 2006. Nel 2006, il consumo di alcol fuori pasto cresce maggiormente tra le ragazze (dal 9,7% al 16,8%), ma rimane più diffuso tra i maschi passando dal 15,2% al 24,2%. Tra i ragazzi di 11 – 15 anni, il 18,6% dichiara di aver bevuto almeno una volta negli ultimi 12 mesi, tra quelli di 15 – 16 anni uno su due ha consumato alcolici nell’anno. La bevanda alcolica più diffusa tra i giovani di età 11-17 anni è la birra (19,1%), seguita dagli aperitivi (15,7%) e dal vino (12,3%, dati Istat 2007).
Negli ultimi anni si è assistito ad una rapida e preoccupante crescita del fenomeno del “binge drinking” ossia bere, allo scopo di ubriacarsi, 6 o più bevande alcoliche in un’unica occasione. A livello europeo, uno studente su 6 di età compresa tra i 15-16 anni ha avuto episodi di binge drinking tre volte o più nell’ultimo mese (circa 18%). Il binge drinking è un’abitudine più diffusa nell’Italia settentrionale (10,2% Nord-est e 9,6% Nord-ovest) dove il fenomeno si verifica anche con una maggiore frequenza: nell’Italia nord-occidentale il 12,1% della popolazione di 11 anni e più si è ubriacata dalle 7 alle 12 volte in un anno. Tra i minori dichiarano di essersi ubriacati il 2,1% dei ragazzi di 11-15 anni, percentuale che sale al 12,1% nei giovani di 16-17 anni e che raggiunge il 15,3% tra i 18­19 anni (22,1% dei maschi e 8% delle femmine). Dopo i 25 anni il fenomeno ha un andamento gradualmente discendete con l’età, permanendo forti differenze di genere (Istat, 2007).

La donna e l'alcol
La dipendenza alcolica femminile è un fenomeno poco noto ma purtroppo molto diffuso e in aumento. Se in Italia negli ultimi dieci anni la diffusione dei consumi di bevande alcoliche mostra un trend sostanzialmente stabile, si osservano invece incrementi significativi tra le donne. Anche se le differenze di genere sono elevate, nel 2006 il 56,4% delle donne dichiara di consumare alcol, rispetto all’81,1% degli uomini.
Secondo la relazione Istat, inoltre, all’aumentare del titolo di studio aumenta la tendenza a consumare alcol, infatti il 49% delle donne con licenza elementare consuma alcol, mentre per le laureate la quota raggiunge il 70,9%. Tali differenze nei consumi sono più evidenti nella fascia d’età 25-44 anni, mentre al crescere del titolo di studio le differenze di genere tendono a ridursi.
Le donne sembrano più esposte a sviluppare una dipendenza alcolica intorno ai 30 e ai 50 anni, in coincidenza rispettivamente con il pieno dell'attività procreativa e con la menopausa, a differenza invece degli uomini che sembrano correre tale rischio in misura maggiore tra i 25 e i 45 anni, nel pieno dell'attività lavorativa.
I danni alcol-correlati sono più severi nelle donne che negli uomini. I motivi di questa vulnerabilità sono legati alla fisiologia femminile che differisce da quella maschile per struttura fisica, corredo enzimatico ed ormonale.
Assumendo quantità medesime di alcol in uguali condizioni, la concentrazione di alcol nel sangue (BAC Blood Alcohol Concentration) è più elevata nelle donne che negli uomini. Uno dei motivi è riconducibile alla diversa struttura corporea, infatti, il corpo femminile ha una minore quantità di liquidi corporei rispetto all'uomo. Dal momento che l’etanolo si diffonde nei liquidi, il volume di distribuzione dell’alcol nel corpo femminile è minore ottenendo come effetto un livello alcolemico maggiore. Ciò significa che una donna raggiunge l’intossicazione acuta, ossia l’ubriacatura, assumendo quantità ridotte di alcol.
Inoltre le donne hanno una capacità di metabolizzare l'alcol decisamente inferiore rispetto a quella dell’uomo, in quanto carenti di un enzima epatico a ciò deputato (alcol deidrogenasi ADH). Alcuni studi indicano il sistema ormonale femminile come responsabile della risposta fisiologica all’alcol. Inoltre sono in corso approfondimenti per confermare l’ipotesi che il consumo abituale di alcol sia associato ad un maggiore rischio di tumore al seno.
Certo è invece l’effetto nocivo dell’uso di alcol sulla salute del bambino durante la gravidanza. L’alcol, infatti, giunge al feto attraverso la placenta provocando deficit della crescita, deficit neurologici e psicosociali (Sindrome fetale alcolica FAS). Si stima che ogni anno in Italia circa 3000 bambini nascano con sindrome fetale alcolica (FAS). Il rischio di frequenza della FAS nelle forti bevitrici è del 35-40%. In conclusione la donna risulta maggiormente esposta, quindi più vulnerabile, alle conseguenze avverse dell’alcol.

Alcol e Lavoro
L’uso di alcol può avere pesanti ripercussioni sul luogo di lavoro, quali episodi di assenteismo ed infortuni anche gravi. Numerosi studi dimostrano chelavoratori con problemi di alcol si assentano in misura maggiore dal luogo di lavoro rispetto agli altri lavoratori. L’Organizzazione Internazionale per il Lavoro attesta che il 10-12% di tutti i lavoratori di età superiore ai 16 anni ha problemi legati all'abuso o alla dipendenza da alcol.
Nel 2000, un’indagine svolta negli Stati Uniti dal NHSDA (National Household Survey on Drug Abuse), ha rivelato che su 107,3 milioni di lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 49 anni, il 7,4% era affetto da un consumo problematico di alcol. Nel 2003 si è stimato che gli agricoltori con uso problematico di alcol hanno un rischio maggiore di infortunio rispetto ai coltivatori che consumano alcol moderatamente (3,35 vs 1,94).
Secondo un’indagine condotta in Francia nel 2002, l’alcol è la causa di circa il 10% - 20% degli infortuni sul lavoro. In Gran Bretagna, alcuni dati del sito dell’Alchemyproject e riguardanti ricerche condotte dall’Alcoholconcern, dall’Health and Safety executive e dall’Institute of Personnel and Development, riportano che circa il 75% dei lavoratori riferisce di usare alcol, e circa il 75% delle aziende intervistate ha confermato che spesso le assenze sono alcol-correlate. In Unione europea, la perdita di produttività dovuta all’assenteismo e alla disoccupazione alcolcorrelati sono stati stimati rispettivamente da 9 – 19 miliardi e da 6 – 23 miliardi di euro.
In Italia il Piano Sanitario Nazionale 2003 – 2005 ha definito la prevenzione dell’uso alcolico quale specifica tematica da inserire nei programmi di prevenzione e salute. Si è evidenziato come l’assunzione di alcolici rende i lavoratori più inclini a comportamenti ad alto rischio, per se stessi e per gli altri e rende inadeguate le condizioni psicofisiche rispetto a quanto richiesto, sotto il profilo della sicurezza, dall’attività lavorativa svolta.  
Ogni anno sono denunciati dall’INAIL circa 940.000 infortuni sul lavoro; di questi una percentuale che oscilla tra il 4% - 20% è riconducibile all’alcol. Ciò significa che 37.000-188.000 incidenti sul lavoro in Italia, trovano la loro causa nell'abuso di sostanze alcoliche. In particolari contesti lavorativi, l’interazione tra l’uso di alcol ed altre sostanze con cui il lavoratore entra in contatto, aumentano il rischio di malattie professionali. Il consumo di bevande alcoliche, ad esempio, determina il potenziamento degli effetti all’esposizione professionale ad agenti chimici (solventi) e neurotossici (piombo), a danno del fegato e del sistema nervoso centrale.

In ambito lavorativo, l’uso di bevande alcoliche provoca un notevole aumento dei rischi (con un’alcolemia di 0,5 grammi per litro il rischio è doppio, a 1 g/l è di 6 volte superiore alla normalità, con 2 g/l è di 30 volte superiore), sia di infortunio e malattia (le assenze dal lavoro degli alcolisti sono di 3-4 volte superiori rispetto agli altri lavoratori), che di perdita di lavoro per licenziamento (l’alcolismo è causa del 40% dei cambiamenti dei posti di lavoro). Il rapporto annuale 2003 INAIL indica 1.263 vittime e 881.676 infortuni sul lavoro denunciati. Una stima conservativa che attribuisse all’uso di alcolici il 10% degli infortuni in Italia permetterebbe, con un semplice calcolo, di evidenziare la gravità del fenomeno.

Alcoldipendenza e promozione della salute negli ambienti di lavoro.
Il consumo di alcol ha quindi ripercussioni significative sia sul fenomeno infortunistico nel nostro paese sia sull’aumento dell’assenteismo dal lavoro per malattia, con conseguente disagio organizzativo nell’ambito aziendale e con pesanti oneri sulla produttività e di riflesso sulla collettività.
La legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati del 30 marzo 2001 n°125, si occupa dei lavoratori affetti da tali patologie. In particolare, l’articolo 15 afferma il diritto del lavoratore ammalato ad accedere a programmi terapeutici e riabilitativi, senza incorrere nella perdita del lavoro.
Numerose aziende hanno optato per scelte a favore della promozione della salute, attivando progetti volti a tutelare e, se possibile, migliorare la salute dei propri lavoratori. Si propone perciò un “approccio preventivo” per combattere il fenomeno della dipendenza nei luoghi di lavoro. Si tratta di una scelta che l’Azienda fa consapevolmente e volontariamente per ottenere risultati duraturi e misurabili nel tempo, qualora ritenga di dover affrontare questo problema perché presente tra i propri dipendenti. La proposta di progetti aziendali di Promozione della Salute si colloca all’interno di un ampio quadro di valutazioni che riguardano:
•  la valutazione, nell’ambito dei rischi aziendali, della possibilità di avere lavoratori affetti da dipendenza da sostanze;
•  la collocazione dei lavoratori, affetti da questo tipo di problematiche, in ambiti lavorativi compatibili con lo stato di salute, sotto supervisione del medico competente oppure in collaborazione con lo SISAL (Servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro);
•  l’attivazione di un Progetto di Promozione della Salute atto ad affrontare il problema e finalizzato alla tutela, prevenzione e miglioramento della salute di tutta la popolazione aziendale. L’azienda può inserire l’intervento sulla dipendenza da sostanze in un ambito più ampio, favorendo il cambiamento o l’abbandono di comportamenti dannosi e l’adozione di stili di vita sani;
•  una strategia efficace prevede il coinvolgimento dei soggetti aziendali incaricati della prevenzione (il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), il medico competente), i Servizi competenti della U.L.S.S. (quali  S.P.I.S.A.L., Ser.T, S.I.L) e all’occorrenza il volontariato sociale (ACAT, A.A.);
•  gli strumenti utilizzabili, secondo un programma di azioni definite, sono diversi: informazione e formazione dei lavoratori, counseling da parte del medico competente, regolamenti aziendali e attribuzioni di responsabilità di controllo, interventi di case management nei confronti dei soggetti che possono essere seguiti in azienda, oppure inserimento di lavoratori in percorsi terapeutici e riabilitativi con il coinvolgimento del medico di base.

Alcuni dati epidemiologici
"L'alcol costituisce il terzo più importante fattore di rischio per la salute, dopo il tabacco e l'ipertensione; oltre ad essere una sostanza psicotropa che può dare dipendenza, e' causa di molte patologie, oltre a traumi gravi, incidenti, turbe mentali e del comportamento" (Relazione al Parlamento, 2007).
In Italia, tra il 1981 e il 1998, si è verificata una netta diminuzione del consumo pro capite di sostanze alcoliche (­33,3%), dovuta in gran parte al forte calo dei consumi di vino. Anche il tasso nazionale di mortalità per cirrosi epatica, di conseguenza, è stato caratterizzato da una forte diminuzione (dal 22,60 per
100.000 abitanti del 1990 al 10,73 nel 2004). Anche se in Italia permangono modelli di consumo strettamente legati a tradizioni culturali e ad occasioni alimentari si stanno diffondendo, soprattutto tra i giovani, modelli di consumo tipici dei paesi del Nord Europa (binge drinking, assunzione di bevande alcoliche fuori pasto).
Nel 2006, in Italia il 68,3% della popolazione (con età maggiore di 11 anni) ha dichiarato di aver consumato alcolici almeno una volta negli ultimi 12 mesi (81,1% degli uomini e 56,4% delle donne). Nella popolazione trai 25 e i 64 anni, 3 persone su 4 dichiarano di aver consumato alcol. Prevalgono i consumatori di vino 54,8%, seguiti dai consumatori di birra 44,8% e di altri tipi di alcolici 41,3%. I consumatori giornalieri (almeno un tipo di bevanda alcolica al giorno) rappresentano quasi un terzo della popolazione (29,5%), con marcate differenze di genere: 43,3% i maschi vs. 16,5% le femmine.
Secondo la Società Italiana di Alcologia gli alcoldipendenti sono circa 1.000.000, mentre i bevitori problematici sono circa 3.000.000. Nel 2005 sono stati presi in carico presso i servizi alcologici rispetto l’anno precedente (+4,3%). Accedono ai servizi soprattutto gli uomini, il rapporto maschi/femmine è pari a 3,5. L'età media degli utenti e' in diminuzione in tutte le categorie, e in particolare nei nuovi utenti di sesso maschile (42,1 anni nel 2005 contro 44,0 anni del 2001). Aumentano i nuovi utenti di età compresa fra i 20 e i 29 anni, che passano dal 10% del 1996 al 15,7% del 2005.

In Italia le stime della mortalità alcolcorrelata, con differenze anche notevoli a seconda delle fonti dei dati e delle metodologie addottate, si sono collocate negli ultimi anni in un intervallo compreso tra 17.000 e 42.000 morti. Una recente analisi condotta per l’Italia con metodologie adottate dall’O.M.S. stima il numero di morti per cause alcolcorrelate pari a 24.000 fra i soggetti di età superiore ai 20 anni, 7.000 delle quali riguardano donne. Secondo tale stima la mortalità alcolcorrelata rappresenta in Italia il 6,23% del totale di tutte le morti maschili e il 2,45% del totale di tutte le morti femminili nella popolazione di età superiore ai 20 anni.
Tra gli indicatori di danno indiretto provocato dall’alcol, va segnalata la mortalità per incidente stradale. Nel 2005 l'ebbrezza alcolica è stata motivo del 70% degli incidenti causati dallo stato psicofisico alterato del conducente alla guida, con 4.107 casi rilevati. Le infrazioni accertate dalla Polizia Stradale nel 2006 per guida sotto l'influenza di alcol sono state ben 24.803.
Secondo la relazione del Ministero della Salute sugli interventi realizzati in materia di alcol e problemi alcolcorrelati, in Italia l'uso di alcol è causa dell'elevata mortalità per incidente stradale per una quota compresa tra il 40% e il 50%. L'uso di alcol è la causa della crescente mortalità giovanile per incidente stradale, per più del 40% dei casi, e del 46% dei morti di età compresa fra i 15-24 anni.
Gli incidenti stradali si confermano la prima causa di morte per i giovani italiani. Complessivamente nel 2005 sono morti
1.490 giovani, il 27,5% sul totale dei decessi, e sono stati feriti 97.718 giovani pari al 31,1% dei feriti complessivi, con un'età compresa tra i 18-29.

Secondo dati forniti dall'OMS, ogni anno nella Regione Europea circa 73 mila morti e più di 2 milioni di ricoveri o visite ospedaliere, sono riconducibili ad atti di violenza interpersonale. L'alcol appare come fattore determinante almeno nel 40% dei casi. Negli Stati Uniti, le statistiche indicano che l'86% dei casi di omicidio, il 37% delle aggressioni e il 60% delle violenze sessuali avvengono sotto l'effetto dell'alcol. Il rapporto tra uso di alcol e violenza è spiegato in parte dagli effetti di disinibizione, alterazione dei meccanismi di elaborazione delle informazioni e di riduzione dell'attenzione. Ma, sempre a causa di queste alterazioni, l'assunzione di alcol aumenta anche il rischio di subire atti di violenza, perché le vittime sono incapaci di interpretare correttamente le situazioni.

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