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CAMPAGNA SOCIALE DI SENSIBILIZZAZIONE CONTRO GLI ABUSI NELLA SOMMINISTRAZIONE DI PSICOFARMACI A BAMBINI ED ADOLESCENTI, A CURA DEL COMITATO
"GIÙLEMANIDAIBAMBINI"® ONLUS
NON ETICHETTARE TUO FIGLIO. PARLAGLI!
“Giù le mani dai bambini” © è una campagna informativa patrocinata da RAI Radio Televisione Italiana che ha come scopo la sensibilizzazione del grande pubblico e la formazione di insegnanti e genitori su di una delicata tematica d’attualità: i sempre più frequenti abusi nella somministrazione di psicofarmaci a bambini ed adolescenti. L’iniziativa apartitica e non confessionale è promossa da un comitato promotore costituito da associazioni ed enti rappresentativi della volontà di oltre 5 milioni di italiani. Questa pubblicazione è stata elaborata da un folto gruppo di volontari ospedalieri trai quali medici, pediatri, psicologi e psichiatri e descrive l’allarmante situazione attuale del mercato degli psicofarmaci in rapporto ai bambini. I mass-
“muove spesso le mani o i piedi o si agita sulla sedia?”
“è distratto facilmente da stimoli esterni?”
“ha difficoltà a giocare quietamente?”
“spesso chiacchiera troppo?”
“spesso origina delle risposte prima che abbiate finito di fare la domanda?”
“spesso sembra non ascoltare quanto gli viene detto?”
“spesso interrompe o si comporta in modo invadente verso gli altri,per esempio irrompe nei giochi di altri bambini?”.
…e altre di questo tenore
Si noti l’assoluta assenza di scientificità di definizioni come “spesso” e “frequentemente”, nonché la genericità di altre significative variabili del comportamento quali il contesto,la durata,l’intensità e la forma del disturbo.Inoltre, secondo gli attuali protocolli diagnostici:
alcuni dei sintomi di iperattività e disattenzione devono essere presenti prima dei 7anni d’età.Ci chiediamo: perché non tutti i sintomi? E quali di essi? Per quale durata temporale devono aver persistito?Una certa menomazione, a seguito dei sintomi, deve essere presente in due o più con testi sociali (scuola/lavoro/casa)“Certa” perchè “presente con certezza” o “certa” perchè “identificabile per intensità e tipo”? E quale menomazione in particolare?Deve essere presente una evidente compromissione clinicamente significativa del livello di sviluppo e del funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo.Chi può valutarla retrospettivamente a distanza di anni? Ci si basa solo sui ricordi di genitori e insegnanti? Cosa si intende per “normale livello di sviluppo”? Esiste una soglia per la “normale” impulsività? Quanto è disattento un soggetto considerato “nella norma”? A queste e ad altre simili domande non viene normalmente fornita un’adeguata risposta. Ovvio quindi che i fautori della soluzione psicofarmacologica siano sempre più frequentemente accusati di imperdonabile superficialità nelle diagnosi, tanto più inconsiderazione dell’estrema delicatezza della fascia d’età sulla quale tali diagnosi insistono. Desta inoltre stupore che i criteri diagnostici siano sempre i medesimi, a prescindere dall’età dei soggetti diagnosticati. Il dott. prof. William Carey, laureato all'Università di Harvard e Clinical Professor di Pediatria presso l'Università della Pennsylvania,esperto riconosciuto a livello internazionale nella misurazione della variazioni di temperamento dell'infanzia, afferma senza alcun dubbio che "il corrente sistema diagnostico ignora il ruolo dell'ambiente ed ignora anche ogni prospettiva evolutiva.I questionari utilizzati per diagnosticare l'ADHD sono altamente soggettivi ed impressionistici. Le differenze di esperienza,tolleranza,stato emotivo etc dell'intervistatore non vengono tenute in alcun conto, e nonostante questa vaghezza e nonostante il fatto che le scale di valutazione utilizzate non soddisfino i criteri psicometrici di base,i sostenitori di questo approccio pretendano che questi questionari forniscano una diagnosi accurata" La “malattia” (ADHD) si è quindi “diffusa” come un’epidemia. Nei soli USA i bambini etichettati come malati erano 150.000 nel 1970, mezzo milione nel 1985, un milione nel 1990, oltre 8 milioni ad inizi 2003 e circa 11 milioni oggi: il 18-
Questi farmaci sono in teoria somministrabili solo sotto stretto controllo meduico, e tassativamente non a minori di età inferiore ai 7 anni. In realtà sono acquistabili su internet anche senza ricetta, e vengono comunque correntemente prescritti anche a bambini di 2/3 anni; sono state registrate prescizioni anche nel periodo neonatale (meno di un anno di età). Tra i numerosi effetti collaterali, è segnalata con frequenza non trascurabile anche la “sindrome di Gilles de la Tourette”: una serie di tic nervosi incontenibili, grossolani e gravemente invalidanti,estesi a tutto il corpo, che non regrediscono neanche con l’eventuale interruzione della somministrazione del farmaco. Numerosi potenziali effetti collaterali anche gravi, dalle convulsioni al coma epatico rilevati durante le sperimentazioni successive alla messa in commercio del farmaco, non figurano inoltre sui foglietti illustrativi che accompagnano le confezioni in commercio (vedi il nostro sito alla sezione “Ricerche Scientifiche, area Farmaci”).Diverse centinaia di bambini sono deceduti mentre erano sotto terapia con questi medicinali,la maggioranza per impiccagione, alcuni con l’ossido di carbonio, un numero rilevante per attacco cardiaco, in quanto l’uso prolungato di questo tipo di anfetamine danneggia il miocardio. Anche la Food & Drug Administration (il Ministero della Sanità in USA) riporta per cause direttamente imputabili all’uso di psicofarmaci solo nel territorio americano e solo fino all’anno 2000 186 bambini ed adolescenti morti, e 569 ricoveri d’urgenza,dei quali 36 attualmente a rischio di morte; queste statistiche escludono ovviamente tutti gli effetti collaterali di lungo periodo. Tuttavia i derivati anfetaminici non sono l’unico tipo di psicofarmaci prescritti in questi casi: diversi psicofarmaci “di nuova generazione” stanno venendo immessi sul mercato, apparentemente con effetti collaterali meno distruttivi, ma ancora tutti da “collaudare” alla prova dei fatti: l’atomoxetina ad esempio, “venduta” come la nuova soluzione priva o quasi di effetti collaterali,che è in realtà un vecchio antidepressivo, mai autorizzato al commercio a causa della sua pericolosità, e “riciclato” oggi come farmaco-
Come spesso accade in questi casi, purtroppo “tutto ed il contrario di tutto”. Se pe run’analisi esaustiva di tutti gli aspetti scientifici e bioetici del problema è opportuno rimandarvi alla navigazione del nostro portale (www.giulemanidaibambini.org), possiamo tuttavia sollecitarvi ad alcune riflessioni, prendendo spunto dalla posizione dialcune associazioni italiane “sponsor” della soluzione farmacologica.
Criticando aspramente ogni tentativo di promuovere una serena riflessione sull’argomento,queste associazioni si schermano dietro il paravento del “diritto alla cura”: il loro punto di vista in sintesi è “chi non somministra psicofarmaci ai bambini con questi disagi li priva della cura, quindi non ha a cuore la salute dei bambini stessi”, quasi che la somministrazione di potenti psicofarmaci sia l’unica soluzione efficace percorribile.Sollecitandovi comunque ad un approccio equilibrato, ovvero a prendere visione della sezione “Pro” sul nostro sito, con le più importanti argomentazioni a favore della somministrazione di psicofarmaci,analizziamo alcune affermazioni che caratterizzano questa presa di posizione,ricca di apparenti certezze quanto di clamorose inesattezze(numerati tra parentesi,i rimandi alle ricerche citate,vedi la bibliografia scientifica inappendice a questa nostra pubblicazione): “la prima, iniziale descrizione di questi disturbi psichiatrici dell’infanzia risale ad inizio ‘900” Quest’affermazione dimostra una notevole superficialità, ed è inesatta, dal momento che questi disturbi vennero descritti la prima volta già nel 1845 dal medico Heinrich Hoffman in una pubblicazione intitolata “The story of Fidgety Philip”, e solo in un secondo momento riconosciuti come un problema psichiatrico,in seguito ad una serie di conerenze tenute da Sir George Still per il Royal College of Physicians,in Inghilterra nel1902. In ogni caso, la corretta datazione dei primi rilievi clinici non toglie od aggiungenulla ai dubbi di carattere etico-
• “l’origine strettamente biologica dell’ADHD sarà forse controversa clinicamente, ma ciò è vero anche per altre malattie quali l’Alzheimer,le convulsioni od il diabete,patologie per le quali non esisteva alcun esame clinico affidabile che ne permettesse la diagnosi o delle quali non si conosceva la causa, eppure nessuno si sognerebbe di negare l’esistenza di queste malattie”.Questa affermazione è spesso citata dai sostenitori dell’origine strettamente biologica dell’ADHD,per giustificare l’inesistenza di esami medici di laboratorio atti a diagnosticare l’ADHD e gli altri disturbi del comportamento dell’infanzia. Queste affermazioni sono scientificamente del tutto infondate e sintomo di mala fede. Già nel 1940, venivano infatti identificate con un metodo detto di “Bielschowski” le placche senili che nella corteccia cerebrale causano la malattia dell’Alzheimer,al giorno d’oggi chiaramente diagnosticabile con metodi moderni quali la risonanza magnetica e la tomografia ademissione di positroni. Le crisi epilettiche,comunemente dette “convulsioni” non sono una malattia, ma un insieme di sintomi ricorrenti e periodici dovuto ad una scarica simultanea ed eccessiva da parte di una popolazione di neuroni cerebrali, e possono essere imputabili alle cause le più varie (traumi cerebrali, avvelenamenti, disfunzioni neurologiche, etc), e per tanto non costituiscono un’entità patologica a se stante.Sono cioè “l’effetto”, un sintomo che evidenzia una problematica dell’area del sistema nervoso, e non una malattia vera e propria. Per il diabete,la situazione è ancor più evidente,dal momento che è da tempo misurabile con appositi test clinici e presenta una sua precisa anatomia patologica.
Se l’ADHD fosse una malattia di origine biologica, inoltre, dovrebbe afferire al campodella neurologia (la scienza che studia i danni e le patologie del sistema nervoso centrale e periferico) e non della psichiatria: perchè i neurologi invece non si occupano di ADHD? La contraddizione in termini è quindi evidente. In definitiva,tutte le malattie sono “tracciabili” mediante esami di laboratorio che si conosca la causa remota della malattia o meno mediante disamina delle variazioni nei valori fisici di riferimento o delle alterazioni dei tessuti (prelievo in vita o post-
"L’abuso di psicofarmaci potrà forse generare qualche problema,ma l’uso corretto secondo prescrizione medica assolutamente no,è sufficiente rispettare le regole".Ecco un’ennesima affermazione contestabile ed indice di probabile mala fede. Un recente studio scientifico del Dipartimento di Medicina dell’Università del Texas,che è seguito ad altri studi dello stesso tipo giunti alle medesime conclusioni (vedi sezione Ricerca Scientifica del nostro portale internet), ha infatti fatto chiarezza su questo punto. La ricerca effettuata non su cavie ma direttamente su bimbi in normale cura con metilfenidato conferma infatti un triplicamento delle anomalie nei cromosomi dopo soli 3 mesi di terapia,associata ad un aumento del rischio tumore oltre la norma. “E’ stato abbastanza sorprendente che tutti i bambini che assumevano metilfenidato manifestassero un aumento di anormalità genetiche in un così breve periodo di tempo”, afferma il dott.. Randa A. El-
“Una recente ricerca coincide con ogni altra precedente nell’affermare che non sussiste evidenza che il trattamento con psicofarmaci nella fanciullezza e/o adolescenza sia associato al rischio di abuso o ad una maggiore frequenza nell’uso di sostanze stupefacenti nell’adolescenza ed in età adulta ”Quest’affermazione è falsa,dal momento che diverse accreditate ricerche scientifiche provano il contrario, ovvero che l’assunzione di questi potenti psicofarmaci incide sensibilmente sulla capacità di reazione neuronale agli stimoli esterni,con effetti che persistono nei periodi di vita successivi,inclusa la predisposizione all’abuso di sostanze stupefacenti in adolescenza e nell’età adulta. Questa evidenza scientifica è riscontrabile anche in ricerche analoghe svolte in Florida nonchè in altri esperimenti svolti presso ospedali e cliniche universitarie dei quali Vi diamo conto nella sezione “Ricerche Scientifiche” del nostro sito.“la somministrazione di psicofarmaci nell’infanzia ed adolescenza non è alla causa di alcuna apprezzabile modifica nel comportamento in età adulta ”Anche quest’affermazione è falsa, dal momento che diverse ricerche scientifiche dimostrano esattamente il contrario.Una recente ricerca dimostra ad esempio oltre ogni ragionevole dubbio che il trattamento con questo tipo di psicofarmaci altera in misura significativa in età adulta la risposta comportamentale alle emozioni. Sono infatti ormai sempre più numerosi gli esperimenti che dovrebbero indurre gli operatori sanitari ad una ben maggiore prudenza.
“la somministrazione di psicofarmaci nell’infanzia ed adolescenza non altera in alcunmodo la struttura del cervello” Stesso dicasi per questa affermazione, “venduta” come una granitica certezza, e che invece è per lo meno scientificamente discutibile. I ricercatori sanno già da tempo che alcuni tipi di esperienze,come quelle coinvolte nell'apprendimento, possono modificare fisicamente la struttura del cervello e influenzare il comportamento.Per contro, i più recenti studi dimostrano che l'esposizione a psicofarmaci stimolanti può ridurre la capacità di specifiche cellule cerebrali di mutare come conseguenza dell'esperienza. "La capacità delle esperienze di alterare la struttura del cervello spiega infatti la dott. sa Nora Volkow è forse uno dei meccanismi principali con cui la rielaborazione del “passato” può influire sul comportamento e la cognizione nel futuro.Tuttavia, quando queste alterazioni vengono prodotte da psicofarmaci, la situazionecambia”.
In un’altra ricerca scientifica,gli esperti hanno effettuato una serie di esperimenti per studiare come gli psicofarmaci interagissero per produrre cambiamenti nella struttura del cervello, scoprendo che questi psicofarmaci aumentano la ramificazione e la densità dei neuroni in alcune regioni, riducendola però in altre, e causando quindi una diversa reazione ai cambiamenti strutturali indotti dall'ambiente e dall'esperienza. A conclusioni simili sono giunte diverse altre ricerche scientifiche: alcune hanno provato che la somministrazione quotidiana di psicofarmaci ai bambini è direttamente la causa di modificazioni di alcuni geni a livello di sistema nervoso centrale, altre hanno per la prima volta accertato “cambiamenti duraturi e persistenti molto dopo il termine dei trattamenti nello sviluppo di parti del sistema nervoso centrale, causati dalla somministrazione precoce di psicofarmaci stimolanti durante la fase giovanile”. “non è assolutamente dimostrato che la somministrazione di psicofarmaci stimolanti nell’infanzia sia la causa di disfunzioni cardiache” Questa circostanza è invece più che dimostrata, dal momento che la continua somministrazione di questo tipo di farmaci può danneggiare irreversibilmente il miocardio (unazona specifica del muscolo cardiaco). Richiamiamo a tal proposito una nota ricerca scientifica: “…cambiamenti patologici ed una vasta catena di alterazioni furono osservate dopo 14 settimane di sperimentazione, sia in soggetti sottoposti a somministrazione di psicofarmaci a mezzo iniezione, che in soggetti sottoposti a somministrazione per via orale. Le osservazioni mostrano definitivamente che nei soggetti trattaticon dosi terapeutiche si presentavano lesioni cardiache, e che esse persistevanoanche dopo la sospensione delle somministrazioni. Degno di nota fu anche il rapido sviluppo dei cambiamenti patologici (a volte entro sole 3 settimane). La possibilità d’irreversibilità e i profondi cambiamenti strutturali osservati in un paziente in terapia a lungotermine con psicofarmaci stimolanti, suggerisce che queste scoperte possono avere conseguenze cliniche delle quali i medici dovrebbero essere coscienti…”
“la somministrazione di psicofarmaci ai bambini non ne riduce la crescita, se non marginalmente e con effetti destinati a riassorbirsi nel tempo”Anche quest’affermazione è superficiale ed errata. Gli stessi ricercatori che hanno affermato che gli effetti degli psicofarmaci nell’inibire la crescita dei bambini erano tenui e passeggeri, si stanno ricredendo.In una recente ricerca,consistente in due grandi studi pediatrici professionali di lungo periodo, gli esperti hanno affermato che “l’uso quotidiano di psicofarmaci stimolanti rallenta significativamente la crescita dei bambini”. La scoperta ha indicato inequivocabilmente che “l’effetto riduttivo della crescita derivante dalla somministrazione di questi psicofarmaci è ben più elevato di quanto precedentemente sospettato”. Queste risultanze sono state confermate anche da analoghi studi pediatrici e da altre autorevoli ricerche universitarie,le quali hanno dimostrato casi di “arresto quasi completo dello sviluppo in bambini sottoposti a terapie con psicofarmaci stimolanti”. Anche tenendo ben conto delle ricerche i cui risultati tendono a minimizzare questo rischio, lo scenario è sufficentemente poco chiaro da suggerire grande prudenza.
“I farmaci stimolanti agiscono sul particolare metabolismo dei soli bambini malati diADHD grazie ad un effetto paradosso, per il quale lo psicofarmaco calma l’iperattivitàdel bimbo migliorandone l’attenzione”Quest’affermazione dimostra ancora una superficiale preparazione scientifica, nonattenta alle più recenti scoperte. E’ certamente vero che, poiché queste sostanze eranoviste come stimolanti nel loro effetto sul sistema nervoso centrale ma erano invece calmanti nel loro effetto terapeutico su bambini disagiati, gli effetti dello psicofarmaco suldisordine di attenzione furono interpretati come fossero «paradossali.» Nondimeno,un’autorevole ricerca,svolta anche su bambini, adolescenti e giovani adulti “normali”, ha indicato chiaramente come questi psicofarmaci stimolanti “hanno effetti comportamentali simili sia in bambini iperattivi che in bambini normali”. Anche in questocaso quindi, la non univocità del parere degli esperti deve suggerirci perlomeno lanecessità di prestare una grandissima attenzione prima di procedere alla somministrazione di psicofarmaci ad un minore.
“la terapia a base di psicofarmaci, come dimostrato da numerose ricerche, è assolutamente quella più efficace nella cura di questi disagi dei bambini”Ecco un’altra affermazione che sembra a prima vista indiscutibile (il farmaco agisce inmodo più rapido che ogni altro tipo di terapia),ma che ad un approfondimento rivela come tutte le precedenti evidenti punti di debolezza.L’affermazione è infatti basata su una ricerca del 1999,la quale tuttavia è stata successivamente criticata da diversiesperti in quanto viziata da rilevanti carenze metodologiche. Successivamente,un’equipe di specialisti ha fornito informazioni dettagliate sulla riduzione dei sintomi del disordine da disattenzione ed iperattività,comparando un programma di addestramento dei genitori con terapia cognitivo-
Molti operatori continuano a pensare che, se gli stimolanti portano ad un miglioramento nel comportamento del bambino, questa é di per se una buona ragione per persiste-
Lo scopo della nostra iniziativa non è tuttavia quello di entrare nel merito della “disputa scientifica”, promuovendo una battaglia “pro o contro” l’opportunità di sottoporre ibambini a cure a base di psicofarmaci, oppure arrivando a pretendere di valutare l’efficacia di questa o quella terapia, farmacologica od “alternativa”. E’ il metodo di approccio etico che deve cambiare radicalmente, dal momento che abbiamo dimostrato inequivocabilmente che le certezze incrollabili di oggi possono tramutarsi rapidamente indubbi od in certezze opposte domani. Gli esami di laboratorio sui topi non possono dasoli continuare ad essere una valida guida, tanto più quando è in gioco la salute e lavita dei nostri bambini, che sono il nostro futuro. L’arroganza di certi “sacerdoti dellamorale scientifica” deve lasciare il posto ad un approccio decisamente più umile e prudente. Nell’attesa di fare chiarezza tra la giungla di dati scientifici spesso contrastantitra loro, invitiamo quindi alla massima prudenza.
Molti a questo punto chiedono: ma cos’è dunque questa malattia? Perché si “diffonde” così rapidamente? Secondo le fonti più critiche nei confronti della soluzione psicofar-
Nonostante alcune dichiarazioni improntate alla prudenza rilasciate da esperti del settore, c’è il timore che accada anche in Italia quanto è già avvenuto negli USA e in altrenazioni europee. L’europa pareva infatti “lontana” dagli abusi d’oltre oceano,ma è dipochi mesi fa la notizia di un’indagine ad ampio spettro in 609 scuole francesi: il 12% della popolazione studentesca oltralpe ha già fatto uso di psicofarmaci. E’ interessante notare come in Italia, i punti (1) e (2) dello schema di cui sopra sono stati portati a buonfine, ed è stato dato recentemente il via libera all’approvazione ed alla commercializzazione dei farmaci (punto n° 3); da poco sono stati portati a buon fine i punti (4), (5) e(6), essendo iniziati e terminati i primi progetti pilota di screening nelle scuole in molteregioni della penisola,gestiti in autonomia da numerose ASL direttamente presso le singole scuole.In un’incredibile confusione dicifre, secondo i ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Milano il disturbo colpirebbe non più del 7 per mille della popolazione scolastica;secondo il Dipartimento di neuropsichiatria infantile dell’Università di Roma, il 3% dei bambini in età scolare; secondo una circolare dell’ASL di Nuoro tra il 5 ed il 10% dei bimbi tra i 6 ed i 10 anni, e secondo infine l’ASL di Oristano circa il 20% (un bambino su cinque dell’intera popolazione scolastica!). Il “Progetto Prisma”, ricerca nazionale finanziata con fondi del Ministero per la Salute,ha recentemente presentando le proprie conclusioni:secondo questa indagine,10 bambini su 100 in Italia presenterebbero i sintomi del disagio mentale,ed andrebbero quindi sottoposti a terapie a base di psicofarmaci.Precisiamo inoltre che gli screening vengono sovente presentati come indagini di carattere puramente statistico, ma hanno invece potenzialmente tutte le caratteristiche della “schedatura” dei piccoli soggetti,in quanto riportano anche un’anagrafica del bambino (nome, data di nascita,scuola e classe,etc).In effetti presso l’Istituto Superiore di Sanità è in corso di predisposizione il “Registro nazionale dei bambini affetti da ADHD”, apparentemente allo scopo di garantire un’adeguata attenzione terapeutica a bimbi sofferenti di questa“sindrome”.Diverse associazioni di genitori i cui figli paiono affetti da questi problemi comportamentali e che hanno trovato nelle terapie a base di psicofarmaci la soluzione ai disagi propri e dei propri bambini promuovono intense campagne finalizzate adorientare l’opinione pubblica creando accettazione per la soluzione farmacologica, aloro dire “l’unica soluzione efficace per questo genere di problema dei bambini, ecomunque la più rapida negli effetti” (per infomazioni più approfondite,vedi la sezione“Pro” del nostro sito).Per contro,la stessa giustizia ordinaria si sta occupando di questi sempre più frequenti abusi:il Procuratore della Repubblica di Torino Raffaele Guariniello ha recentemente iscritto sul registro degli indagati 74 medici che prescrivevano con frequenza psicofarmaci che inducevano i bambini al suicidio.
cenni sulla situazione internazionale
Il primo maggio del 2000, negli USA è stata presentata un’importante denuncia (nelTexas) contro l’Associazione Psichiatrica Americana, contro l’Associazione per il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (che riunisce famiglie favorevoli alla scelta farmacologica) e contro le aziende farmaceutiche che producono questi psicofarmaci (che risulta dagli atti abbiano finanziato in misura massiccia le attività della prima e della seconda associazione citate). Sono tutte accusate (riportiamo testualmente dai capi d’imputazione) “di aver pianificato, cospirato e essere colluse,al fine di creare,sviluppare,promuovere e confermare la diagnosi della malattia ADHD, all’unico fine di vendere i prodotti farmaceutici denominati … (segue elenco)”. Nel settembre del 2000,altre cinque denunce similari sono state presentate nello Stato della California.Diversi esposti sono stato ritirati, altri archiviati, e di nuovi ne sono stati recentemente presentati, ma al di là delle modalità di conclusione di queste vertenze legali,ciò che emerge è un grande disagio su questo soggetto:negli ultimi 4 anni, 20 Stati degli USA hanno approvato leggi che cercano di limitare il fenomeno,impedendo lo screening indifferenziato dei bambini nelle scuole, fino all’approvazione di un provvedimento Federale di tutela dei bambini, recentemente votato con 435 voti a favore ed uno solo contrario, il quale permette ai genitori di non sottoporre i propri bambini a terapie a basedi psicofarmaci,dal momento che fino all’approvazione di questa legge coloro che si rifiutavano di somministrare il farmaco potevano essere citati in giudizio per negligenza, e la terapia poteva essere somministrata coattivamente nonostante l’opposizione sia dei genitori che dei figli.I soggetti favorevoli alla somministrazione di psicofarmaci ai bambini sono passati però al ”contrattacco”,distribuendo in USA giornali a fumetti che invitano bambini e ragazzi a richiedere loro stessi lo psicofarmaco in famiglia, al fine di “non far preoccupare papà e mamma e non recare pregiudizio al lavoro della insegnante ed al sereno svolgersi delle lezioni agli altri alunni”.Questi libretti a fumetti sono stampati anche in Europa, e stanno venendo distribuiti massicciamente ad esempio in Germania (copiedi questo documento,in lingua tedesca,sono state rintracciate ed archiviate dal nostro comitato), dove la stampa del fumetto in questione è finanziata dalla casa farmaceutica che produte lo psicofarmaco di elezione per queste terapie.Un’ultima annotazione di carattere storico: il progetto dello screening psicologico dimassa dei bambini nelle scuole venne ideato dal professor Goering (cugino del più noto gerarca nazista) nella Germania negli anni ‘30,e poi ampliamente applicato in tempi successivi nella Russia di Stalin.
e le altre patologie psichiatriche dei bambini?
La medesima prudenza che deve animare gli operatori quando si discute di sindro meda iperattività e deficit dell’attenzione,dovrebbe animarli riguardo a qualunque disagio di carattere psichico di bambini ed adolescenti, specie quando le terapie prevedono l’uso massiccio di psicofarmaci, il cui abuso nella somministrazione(o la repentinainterruzzione,che causa astinenza al pari di una comune droga da strada)è da sempre più addetti ai lavori posta in relazione diretta con gli improvvisi ed imprevedibili eccessi di violenza incontrollata a volte omicida od autodistruttiva da parte di un numero crescente di adolescenti.Per fenomeni quali ad esempio la depressione, nella seconda metà degli anni ’90 si abbandonarono gli psicofarmaci di “vecchia generazione” e si incominciò a prescrivere entusiasticamente i cosiddetti “inibitori della ricaptazione della serotonina” (farmaci in grado di bloccare la ritrasmissione di un particolare neurotrasmettitore nel cervello, migliorando i sintomi nei casi di depressione).Paroxetina,Fluoxetina,Sertralina,entrarono nel vocabolario di medici e famiglie, fino alla pubblicazione delle più recenti ricerche scientifiche,che hanno dimostrato che se solamente 1 bimbo su 10 risponde in qualche modo al farmaco,per i restanti 8 non c’è alcun miglioramento,mentre un altro bimbo su 10 ha reazioni avverse gravissime, che vanno dalla labilità emotiva al tentativo di suicidio.A quale categoria appartiene Tuo figlio, Tuo fratello,il Tuo alunno?
La realtà deludente, appena 5 anni dopo l’intruduzione di questi “miracolosi psicofarmaci di nuova generazione” è che i farmaci antidepressivi “…hanno una minima o nessuna efficacia sulla depressione infantile od adolescenziale”, come afferma la ricercatrice dott.ssa Garland. Inoltre gli effetti avversi agli psicofarmaci spesso vengono confusi con un peggiorare della malattia,con il risultato che i medici quasi sempreaumentano il dosaggio del farmaco anziché diminuirlo. Per tacere poi delle complicazioni di carattere giudiziario,con una grande multinazionale del farmaco sottoaccusa a New York,per aver deliberatamente per anni occultato quattro importanti studi scientifici che provavano che un noto psicofarmaco per bambini induceva al suicidio,in quanto (dichiaravano in circolari aziendali interne)“pubblicare tali ricercheavrebbe nuociuto al profilo commerciale del prodotto”.
La vertenza verrà certamente “sistemata” extragiudizialmente con il pagamento dimulte ed indennizzi, ma è ormai sotto gli occhi di tutti che gli sforzi per stabilire unabase scientifica per questi fenomeni e per i disagi propri dell’età dell’infanzia e dell’ado-
La domanda,apparentemente semplice,rischia di lasciare spazio ad una risposta dai toni eccessivamente “scandalistici” o propagandistici. Con tutta la necessaria prudenza,ascoltiamo la voce di due accreditati esperti,al fine di stimolare il dibattito e la riflessione.
Il prof. Fava dice: “…si formano gruppi d'interesse speciale,cioè oligarchie accademiche auto-
Il prof. Pirella, in una recente relazione ad un convengo internazionale a Roma, racconta: “…a dispetto di tutte le ricerche che dimostrano la non grande superiorità nell’efficacia di uno psicofarmaco sui placebo (pillole contenenti acqua e zucchero utilizzate per le sperimentazioni, totalmente prive di alcun principio attivo) e soprattutto sui farmaci più tradizionali, vi sono giornali e riviste a grande tiratura che sembrano deiveri inserti pubblicitari. Vorrei segnalare come esempio di questo tipo d’inserto il“Corriere della sera” del 4 aprile scorso,che sotto il titolo incredibile di “Medicine per il buon umore”,nel riaffermare la certezza della genesi organica della depressione, addirittura allarga ottimisticamente all’80-
Come abbiamo visto, almeno per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti, gli studi scientifici hanno dimostrato esattamente il contrario!” Inoltre: chi assicura l’obiettività delle ricerche quando ad esempio il presidente dell’organizzazione inglese che recluta i volontari per gli studi scientifici (mr. John Bell) è anche direttore della casa farmaceutica Roche? Con questo livello di coinvolgimento,si sentirà veramente obbligata una casa farmaceutica a pubblicare informazioni sulla inefficacia o sulla pericolosità di uno dei propri prodotti?
Il fatto è “che il farmaco soffre ad essere considerato una merce come tutte le altre”, dichiara Pirella. E proprio questa riduzione a merce è stata denunciata qualche anno fà dal Guardian a proposito di uno psicofarmaco che non trovava uno sbocco commerciale adeguato.Come si fa per un prodotto qualsiasi,la ditta in questione(GlaxoSmithKline) ha affidato ad una agenzia competente in pubbliche relazioni,laCohn & Wolfe,la promozione del prodotto,“Il modus operandi della GlaxoSmithKline,scrive il Guardian,è decisamente tipico: promuovere il mercato di una malattia piuttosto che vendere un farmaco”. Attraverso campagne volte ad attirare persone insicure ed in crisi a riconoscersi in una nuova malattia, il considetto “disturbo d’ansia generalizzato”,con l’ausilio di pubblicità ma anche con partecipazione a trasmissioni televisive di grande ascolto è stata creata nel pubblico l’attesa per una risposta farmacologica a tale “disturbo”. Una volta preparato il terreno ed ottenuta l’approvazione da partedelle autorità, il farmaco è stato gettato sul mercato,ovviamente preparando anche glispecialisti a prescriverlo.Il Guardian,che riprende un articolo del periodico USA“Mother Jones”,cita con nome e cognome i ricercatori che,pur essendo sul libro paga della casa farmaceutica produttrice, si spacciavano per esperti indipendenti. Risultato: nel giro di due anni il farmaco in questione (il Paxil) aveva soppiantato un altro farmaco concorrente come numero due nelle vendite.“Interessante da riportare (conclude Pirella):il successo della campagna della Cohn & Wolfe non sfuggì al settore dell’industria: i giornali commerciali plaudivano alla GlaxoSmithKline per “averassicurato un brillante futuro commerciale al Paxil”. Si è parlato di “espandere il mercato dell’ansia” e si sono fatte previsioni sui profitti,stimati per il 2009 a 3 miliardi di dollari (solo per questo singolo disturbo, e solo negli USA, ndr).se questa è salute mentale…”
Per concludere
Invitiamo tutti i genitori,gli insegnanti e gli operatori che hanno quotidianamente a che fare con bambini e ragazzi,a riflettere e ad informarsi attentamente sulle vere originidi questa “sindrome” e di altre “malattie mentali” dell’infanzia e dell’adolescenza.Una diagnosi di “ADHD” troppe volte ha significato: “Tuo figlio sembra vivace e scatenato come tutti i bambini della sua età,a volte è davvero ingestibile…in realtà è un malatodi mente”. Soluzioni forse appropriate per dei “casi estremi” rischiano quindi di veniresportate su di una quota veramente significativa della popolazione studentesca.
Ma quale base scientifica può avere la diagnosi di una malattia ottenuta grazie alla compilazione di questionari,basati su opinioni,ricordi ed interpretazioni del comportamento di un bambino,spesso rilevate da parte di un estraneo che non conosce nei dettagli il suo ambiente familiare e sociale?
Di qui lo slogan della campagna: “Non etichettare tuo figlio, parlagli!”.
Non possiamo tuttavia pensare di rispondere ad un problema così compIesso e discus-
Grazie per l’attenzione che hai deciso di riservare a questa nostra pubblicazione, ed aiutaci a diffondere il messaggio!
Per ogni offerta di collaborazione o sostegno, potete contattare
info@giulemanidaibambini.org
oppure inviare un fax allo 011/5136631,od ancora chiamare il 338/7478239 (pronta reperibilità).Un particolare ringraziamento per la grande sensibilità dimostrata va rivolto a tutte le personalità specie del mondo dello spettacolo,
ma non solo che hanno aderito a questa campagna, sostenendola con la gratuita concessione della propria immagine, nonché ai medici, psicologi, esperti ed ai volontariospedalieri che con il proprio quotidiano impegno ne permettono la realizzazione.
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